QUINTO INCONTRO. TRA MAGIA E CANZONI…

Alla fine è arrivato il giorno del nostro ultimo incontro in compagnia di Alfabullo.

Siamo un po’ dispiaciuti, come sempre accade alla fine di un viaggio, ma abbiamo una missione da ultimare, c’è da tornare al microfono per lanciare il nostro personalissimo antidoto contro il bullismo!

Dotati di bacchetta magica, con poca esperienza nell’uso del mezzo e della magia, abbiamo spaziato tra le soluzioni più diverse, e le abbiamo trovate tutte ugualmente “funzionali” allo scopo.

Forse perché, nel momento in cui si immaginano soluzioni, anche scherzando, anche ridendo o facendo un po’ i pagliacci, le cose che ci fanno più paura, che ci creano pensieri o ci mettono a disagio, riusciamo a ridimensionarle un po’.

Se ne parliamo, se addirittura ci scherziamo sopra, allora possiamo imparare anche a gestirle, non sono più “mostri” solo nostri, abbiamo la nostra soluzione, e quella di tanti compagni, e seppur fantastiche, utili a farci capire che possiamo farcela, che siamo in grado di affrontare qualsiasi difficoltà e che non siamo soli.

Nell’attesa del nostro turno al microfono di Alfabullo, abbiamo ripercorso insieme il nostro viaggio…le cose più piacevoli, le difficoltà in gruppo, con uno sguardo sempre attento a come siamo noi, e a quanto sia semplice assumere comportamenti antipatici anche inconsapevolmente.

Una volta terminato il lavoro di registrazione è il momento delle curiosità, ne abbiamo tantissime sia sul progetto che su Roberto e Mariagrazia!

E dopo averle soddisfatte tutte, sorpresa!!!

Per ognuno di noi è stato preparato un diploma, il primo diploma della prima edizione di Alfabullo, con tanto di dedica personale, perché, non ci stancheremo mai di dirlo, ognuno di noi è diverso, ed ognuno di noi è importante, ed è grazie alla ricchezza delle diversità che possiamo trovare più  soluzioni al nostro vivere insieme.

Abbiamo diplomato anche le insegnanti che ci hanno fatto compagnia in questo percorso, perché si cresce tutti, ed insieme.

 

 

 

 

 

 

 

Da parte nostra, i conduttori, abbiamo salutato la classe con una canzone “La Chiave” di Caparezza, che vuole essere il nostro augurio perché  tengano sempre a mente il loro valore e le loro risorse.

Ti riconosco dai capelli, crespi come cipressi, da come cammini, come ti vesti, dagli occhi spalancati come i libri di fumetti che leggi, da come pensi che hai più difetti che pregi, dall’invisibile che indossi tutte le mattine, dagli incisivi con cui mordi tutte le matite, le spalle curve per il peso delle aspettative come le portassi nelle buste della spesa all’Iper, e dalla timidezza che non ti nasconde perché ha il velo corto, da come diventi rosso e ti ripari dall’imbarazzo che sta piovendo addosso con un sorriso che allarghi come un ombrello rotto. Potessi abbattere lo schermo degli anni ti donerei l’inconsistenza dello scherno degli altri, so che siamo tanto presenti quanto distanti, so bene come ti senti e so quanto ti sbagli, credimi.

No, non è vero che non sei capace, che non c’è una chiave.

Sguardo basso, cerchi il motivo per un altro passo, ma dietro c’è l’uncino e davanti lo squalo bianco e ti fai solitario quando tutti fanno branco, ti senti libero ma intanto ti stai ancorando. Tutti bardati, cavalli da condottieri, tu maglioni slabbrati, pacchiani, ben poco seri. Sei nato nel Mezzogiorno però purtroppo vedi solo neve e freddo tutt’intorno come un uomo Yeti. La vita è un cinema tanto che taci, le tue bottiglie non hanno messaggi. Chi dice che il mondo è meraviglioso non ha visto quello che ti stai creando per restarci. Rimani zitto, niente pareri. Il tuo soffitto: stelle e pianeti. A capofitto nel tuo limbo in preda a pensieri procedi nel tuo labirinto senza pareti.

No, non è vero che non sei capace, che non c’è una chiave.

Noi siamo tali e quali, facciamo viaggi astrali con i crani tra le mani. Abbiamo planetari tra le ossa parietali, siamo la stessa cosa mica siamo imparentati, ci separano solo i calendari. Vai tallone sinistro verso l’interno Caronte diritto verso l’inferno, lunghe corse, unghie morse, lune storte, qualche notte svanita in un sonno incerto poi l’incendio. Potessi apparirti come uno spettro lo farei adesso ma ti spaventerei perché sarei lo spettro di me stesso e mi diresti: “Guarda tutto a posto, da quel che vedo invece tu l’opposto. Sono sopravvissuto al bosco ed ho battuto l’orco. Lasciami stare fa uno sforzo e prenditi il cosmo. E non aver paura che…”

No, non è vero che non sei capace, che non c’è una chiave. Una chiave, una chiave, una chiave…

 

 

E ci portiamo a casa la consapevolezza che i ragazzi ci osservano, ci guardano, e avrebbero tanto da chiederci e difficilmente sfuggono al confronto.

Sono occasioni che, fintanto che ce lo permettono, non possiamo perdere perchè anche per noi…non è vero che non sei capace e che non c’è una chiave.

Grazie ragazzi

Roberto e Mariagrazia

 

Testo scritto a 2 mani  da Mariagrazia Pugliese (80%) e Roberto Salvato (editing e immagini)

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